Nella scelta del tipo di trattamento chirurgico, a prescindere dal tipo di frattura, bisogna tenere conto di una serie di problematiche che sono direttamente o indirettamente legate al trauma. In primis l’età del paziente, nella mia casistica il 38% dei pazienti ha meno di 55 anni. In questi casi preferiamo un atteggiamento mininvasivo in modo da ottenere un recupero più veloce. L’età avanzata spesso condiziona una scadente qualità ossea in sede di trauma, se essa coincide con l’area d’impianto protesico una mono può essere controindicata.
Nella scelta della via d’accesso, si deve preferire una precedente cicatrice anche se non perfettamente congeniale all’impianto , il nostro atteggiamento a riguardo è per lo più conservativo.
Le fratture intra articolari di ginocchio spesse volte si presentano con un difetto osseo, se sono al di sotto dei 12 mm, riteniamo che non rappresentino una controindicazione. Al di sopra di questo valore può essere necessario ricorrere ad un trapianto. Nel caso invece di difetto osseo contenuto, si possono utilizzare delle viti alla base dell’impianto mono, che hanno la funzione di sostegno.
Infine, bisogna tener conto delle problematiche settiche.
La storia clinica degli esiti traumatici è spesso caratterizzata da una complicanza settica in sede di trattamento, che aumenta il rischio in caso di impianto protesico. Dai dati della letteratura si evince che tale complicanza incide per il 16,4% in caso di impianto con protesi totale di ginocchio. Tale rischio è radicalmente ridotto in caso di protesi mono.
La tecnica chirurgica
La tecnica chirurgica segue i dettami standard per un impianto mono.
L’accesso para-rotuleo mediale o laterale mininvasivo, la via mini-mid vastus per l’esposizione del compartimento mediale.
Nel caso frequente di frattura del piatto tibiale laterale con indicazione alla mono eseguiamo un accesso mininvasivo laterale. In alcuni casi ampliando l’incisione si possono rimuovere anche i mezzi di sintesi tibiali.
La via prevede il passaggio attraverso il setto intermuscolare laterale. Questo limita al minimo il danno a carico del quadricipite rispetto anche alla via mini-mid vastus dell’accesso mediale. Si sublussa la rotula medialmente e si espone il compartimento. Il piatto tibiale esterno presenta una forma simmetrica e più uniformemente circolare rispetto al mediale. In caso di frattura inoltre non è infrequente una deformazione dello stesso con aumento del diametro medio-laterale. È preferibile quindi utilizzare un piatto protesico dedicato che abbia una forma semicircolare più idonea a ricoprire uniformemente la superficie.
Il taglio sagittale obliquo deve essere di circa 10°, mentre quello frontale, perpendicolare all’asse meccanico, con lo slope pari a 0-1°. La componente femorale deve essere perpendicolare alla tibia e lateralizzata al margine del profilo del condilo, per mantenerla centrata sul piatto durante il movimento di flesso estensione.
Nel caso di pregressa frattura del piatto tibiale mediale o laterale si possono verificare due possibili scenari: sclerosi subcondrale o difetto osseo. In condizioni di sclerosi sarà sufficiente un’adeguata preparazione della superficie tramite drilling prima della cementazione. Mentre nei casi di difetto osseo, si possono utilizzare delle viti da corticale in sede al difetto.
Questa tecnica ha il solo scopo di aumentare la resistenza meccanica della sede di alloggiamento del piatto. Una volta verificata la stabilità e l’articolarità dell’impianto con le componenti di prova si procede alla cementazione come consueto.
Conclusioni
L’impianto di protesi mono in esiti traumatici è risultata una procedura sicura con un basso indice di complicanze. Nel 2005, infatti, abbiamo valutato una serie di 63 casi consecutivi di protesi monocompartimentali laterali che ho impiantato dal 1991 al 2000. In 5 casi l’impianto era stato effettuato in esiti di una pregressa frattura del piatto tibiale laterale.
Nella mia casistica di mono in esiti di frattura del plateau tibiale, su 37 casi, di cui 35 laterali e 2 mediali, ho avuto un solo fallimento per cui la curva di sopravvivenza non si modifica rispetto ai primi impianti.
Non ho avuto nessun caso di infezione né di rigidità articolare che abbia necessitato di ulteriori procedure. Senza dubbio questo è il dato più significativo rispetto ai risultati delle protesi totali su frattura.
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