La sostituzione protesica dell’articolazione femoro-rotulea è una procedura chirurgica che inizia ad essere praticata nei primi anni ’50. L’idea era quella di accantonare la patellectomia o la patelloplastica in caso di patologia isolata dell’articolazione.
Epidemiologia della femoro-rotulea
L’epidemiologia della degenerazione femoro-rotulea isolata, nella nostra casistica, incide per circa il 3% dei casi trattati con sostituzione protesica. La sua osservazione sale al 15% se si considerano i casi in cui è coinvolto anche un singolo compartimento femoro-tibiale con ACL integro.
La degenerazione femoro-rotulea isolata è più frequentemente osservata nel sesso femminile ed è un dato interessante, perché se messo in relazione alle caratteristiche anatomiche del ginocchio, presenta delle peculiari differenze come:
- la maggior larghezza del bacino, che condiziona un aumento dell’angolo Q a cui corrisponde una maggiore obliquità e lateralizzazione del solco della gronda femorale;
- la profondità del solco e di conseguenza l’altezza del condilo laterale della gronda è parimenti meno profonda.
Il sesso femminile, inoltre, presenta un bilancio muscolare e legamentoso diverso dall’uomo con una maggiore predisposizione alla sublussazione.
Trattamento chirurgico
Le indicazioni al trattamento chirurgico vengono poste sulla base dell’esame clinico e di uno studio radiografico in proiezione sia laterale che assiale a 30-60° e 90° di flessione.
Nei casi di malallineamento l’esecuzione di una TC, per lo studio della distanza tra la Gola Trocleare e la Tuberosità Anteriore della tibia (distanza TA-GT), permette di valutare il grado di extratorsione tibiale. La RMN può fornire informazioni utili al completamento diagnostico, rivelando un tilt eccessivo durante la contrazione del quadricipite e funge da screening per escludere i casi di insufficienza del LCA, di alterazioni significative della cartilagine e dell’osso subcondrale dei compartimenti femoro-tibiali.
L’indicazione all’intervento di protesizzazione viene posta in caso di patologia degenerativa artrosica primitiva o secondaria isolata dell’articolazione, nei pazienti in cui i compartimenti femoro-tibiali siano integri ed il LCA conservato. E’ inoltre indispensabile che non vi siano deviazioni assiali, in varo o in valgo, clinicamente rilevanti. Infatti una deviazione in varo o in valgo >5°, potrà evolvere fino ad una degenerazione artrosica secondaria compartimentale femoro-tibiale.
Nei casi di associazione di artrosi femoro-rotulea conclamata con un difetto assiale del ginocchio in varo o in valgo con degenerazione artrosica di uno dei compartimenti femoro-tibiali, mediale o laterale, associamo l’impianto di una protesi monocompartimentale alla protesi femoro-rotulea.
Il compartimento femoro-tibiale protesizzato è più frequentemente quello mediale ed i vantaggi di questa procedura vanno messi in relazione all’alternativa della protesi totale di ginocchio. Il risparmio dei legamenti crociati, il ridotto sacrificio di bone stock e la conservazione degli assi di rotazione giustificano gli ottimi risultati a breve distanza in termini di velocità di recupero e di biomeccanica articolare.
Tecnica chirurgica
La tecnica chirurgica utilizza un accesso pararotuleo mediale.
La preparazione della superficie femorale avviene senza eversione della rotula, mentre il tempo rotuleo, invece, necesita di un’ eversione parziale in estensione.
L’approccio alle superfici ossee varia in relazione al tipo di protesi da impiantare. Sarà limitato al versante laterale in caso di protesi half-inlay tipo Grammont, mentre interesserà più o meno largamente la superficie femorale in caso di protesi inlay ed onlay.
Protesi Inlay
Nel caso delle protesi tipo inlay l’approccio osseo è più conservativo. La difficoltà maggiore è legata all’orientamento spaziale della componente femorale.
Nei casi di displasia della troclea, per il posizionamento della componente femorale è necessario ricreare il corretto orientamento del vettore estensorio, riducendo gli stress laterali per evitare il deterioramento del polietilene della rotula nonchè sublussazione. Pertanto, nei casi di displasia o di aplasia completa della troclea la protesi inlay non ha indicazione dovendo ricreare ex-novo la troclea di scorrimento e non avendo bone stock laterale sufficiente.Il problema è dato dall’assenza di strumentari di guida completi ed affidabili.
Protesi Onlay
Diverse sono invece le considerazioni in caso di utilizzo di protesi onlay. In questo caso, l’approccio osseo al femore prevede un taglio retto anteriore del tutto simile a quello eseguito in caso di protesi totali di ginocchio, cui segue un scavo distale per l’alloggiamento della componente protesica femorale. Questa scelta protesica si avvantaggia di uno strumentario guidato, con riferimento all’asse transepicondiloideo o alla linea di Whiteside, con cui scegliere l’orientamento rotazionale desiderato.
L’allineamento varo-valgo ha come riferimento la superficie distale dei condili. Il taglio retto permette di risolvere i casi di displasia-aplasia della troclea femorale ricostruendo con la componente protesica il corretto disegno ed orientamento del solco femoro rotuleo. La componente rotulea se utilizzata è all poly prevalentemente con disegno onlay simmetrico o asimmetrico. Un’ osteotomia tuberositaria può essere indicata nei casi di grave malallineamento con dispalsia della troclea femorale e lussazioni recidivanti della rotula.
Conclusione
Negli ultimi anni l’impianto di protesi tipo Inlay con indicazioni più accurate e quelle onlay, hanno riacceso l’entusiasmo verso una procedura che riteniamo essere valida ed affidabile. Le differenze rispetto la scelta della protesi totale sono:
- rispetto di bone stock;
- perdite ematiche;
- velocità del recupero funzionale;
- ROM e morbidità perioperatoria;
- l’utilizzo di tasfusioni non è necessario;
- l’invasività e il tempo di recupero è più simile a quello delle protesi mono.
La mobilizzazione inizia il giorno dell’intervento, il carico è immediato ed il recupero alla flessione è pressochè completo nella maggior parte dei casi.
L’insieme di questi fattori fanno di questa procedura, un vero trattamento mininvasivo, prestandosi, pertanto, anche al trattamento bilaterale simultaneo.
La possibilità di associare questa procedura, in caso di patologia bicompartimentale ad un impianto mono femoro-tibiale, aggiunge una caratteristica di versatilità rendendola una soluzione valida ed indispensabile per il chirurgo, che creda fermamente nel trattamento mininvasivo della patologia degenerativa del ginocchio.
Rispetto alle protesi offerte dal mercato l’ideale sarebbe un impianto attualmente non ancora disponibile che avesse queste caratteristiche: asimmetrico destro e sinistro, sufficiente numero di taglie piccole, idonee al sesso femminile, compatibilità con un eventuale impianto monocompartimentale, strumentario accurato per tecnica riproducibile.
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